WindTre accusata di frode informatica. L’indagine della procura


La procura di Milano induce nei confronti dell’azienda italiana di telecomunicazioni, telefonia mobile, fissa e internet WindTre, un indagine accurata, realizzando in seguito un’accusa ai suoi danni, per “Frode informatica”

Migliaia di utenti hanno ricevuto addebiti e crediti telefonici consumati inspiegabilmente, per applicazioni e giochi mai richiesti e mai autorizzati.


Diamo uno sguardo e cerchiamo di comprendere cosa è successo, soprattutto come.

La compagnia telefonica WindTre sembra abbia tratto profitto dai servizi telefonici a pagamento.

Gli utenti si sono trovati a loro insaputa a pagare prestazioni, nascoste nelle pagine web visitate dal proprio smartphone, (quali: oroscopi, musica, giochi, gossip, suonerie etc ...) attivati automaticamente, appena l’utente avesse, anche per errore, visualizzato banner ingannevoli detti: “zero click”.

Secondo le rilevazioni compiute dal GIP, la compagnia telefonica italiana non avrebbe fatto da intermediario, in quanto tratteneva esosamente le percentuali, per diversi milioni di euro, ovvero la percentuale che riscuoteva WindTre dalle società Brightmobi e Yoom attraverso la piattaforma Pure Bros.

Sulla base di queste considerazioni accertate, era così avvenuta la decisione di un sequestro di 21,2 milioni, per gli introiti ricavati da attività fraudolenta.

Intanto non era la prima volta, perché l’azienda era già stata accusata di truffe tecnologiche nello scorso luglio 2020, inoltre 12 milioni sequestrati e 11 indagati, tra cui 3 dirigenti dell’azienda.

Tra gli indagati, il figlio dell’ex direttore della Rai Agostino Saccà, Luigi Saccà responsabile del “team servizi VAS”.

Sulla base delle rilevazioni della Guardia di Finanza e del Pubblico Ministero era necessario delineare nell’organigramma dell’azienda, chi fosse a conoscenza del meccanismo illecito usato.

In questo modo, si cercava di comprendere chi fosse il responsabile, chiamato a denunciare l’attività fraudolenta alle autorità componenti o risolvere i contratti, ma questo non è stato fatto e la stessa Wind ne ha tratto vantaggio economico trattenendo una percentuale sugli abbonamenti attivati.

La Wind sosteneva di aver bloccato i servizi a pagamento e di aver rimborsato gli utenti.

Ma ciò non aveva rilevanza.

La procura, però, aveva riconosciuto che quest’ultimi davano risarcimenti per le attività condotte nel febbraio – agosto 2019, quindi successivi all’ultimo pagamento verso Brightmobi e Yoom da Pure Bros, con il 50% del profitto su ogni utenza attivata.

Un piccolo risultato per gli ignari utenti è stato comunque raggiunto.


Una specifica:

Questi servizi e abbonamenti a pagamento ad inganno dei consumatori, ovvero senza dare consenso, sono severamente proibiti e chiamati “servizi zero click”. Vengono attivati attraverso un meccanismo che si chiama “machine to machine”, in grado di aggirare la procedura dei consensi da parte del cliente.

Si attivano in automatico anche se il banner pubblicitario non viene cliccato, basta solo visitare la pagina web incriminata, o dopo la successiva visualizzazione di una determinata pubblicità, parte in automatico sul cellulare del consumatore l’abbonamento, con addebito monetario sul conto telefonico.

Da non trascurare che secondo le stime, le grandi compagnie telefoniche hanno un ingente giro di danaro disonesto, che superano i miliardi di euro ogni anno, su queste attività ignare e ai danni dei clienti.

WindTre si è vista sequestrare 38 milioni di euro e dopo l’intervento della procura di Milano, l’attivazione di questi abbonamenti a pagamento illegali, è diminuita da 40000 al giorno a soli 100 al giorno.

Ad ogni modo dopo lo scandalo, la guardia di Finanza ha perquisito accuratamente e sequestrato materiale nella sede legale di WindTre, a Rho, comune italiano, quartiere fieristico e città metropolitana milanese.

I 12 milioni di euro sono sottoposti già ad un sequestro preventivo.

Alla procura di Milano è stata inviata dai magistrati una lettera all’ AGCOM, che sarebbe “Autorità garante per le comunicazioni” in relazione alla posizione di altri operatori, quali Tim e Vodafone, a parte WindTre.

I magistrati hanno aggiunto alla segnalazione anche Vodafone e Tim, come compagnie telefoniche che usufruiscono di servizi e di modalità molto simili a quelle scoperte nelle indagini contro la WindTre. Queste due compagnie telefoniche, alquanto prestigiose e molto diffuse nel territorio italiano, si appoggiano agli stessi provider di WindTre per erogare anch’esse servizi non richiesti ai consumatori.


Però attualmente non ci sono elementi abbastanza sufficienti di indagine a loro carico.

Dai risultati rivelati dal consulente informatico della procura, il metodo truffa non è stato interrotto nemmeno durante l’emergenza nazionale Covid 19.

I 3 indagati, ovvero i dirigentri della WindTre, aggregatori/hub tecnologici, e CSP ovvero content service provider insieme ad altre 8 persone avrebbero gestito la truffa.

Un’ottima attività di guadagno illecito, con le accuse di reati, quali: 

  • frode informatica ai danni dei consumatori 
  • intrusione abusiva a sistemi telematici 
  • tentata estorsione contrattuale. 

Le indagini sono coordinate dal Procuratore della Repubblica Francesco Greco, dall’aggiunto Eugenio Fusco e dal Pubblico Ministero Francesco Cajani e dal Gip di Milano, Stefania Nobile su richiesta della procura di Milano.


Per fare il punto:

Quindi i clienti telefonici con un semplice far nulla si trovavano ogni mese o ogni settimana in cambio di un semplice e inavvertito accesso, a contenuti di notizie di ogni specie, dando ai truffatori di questo business illecito da milioni di euro, una opportunità di guadagno anche mediante dei servizi VAS (che sta per Servizi a valore aggiunto) su connessioni mobile usate tra M2M, ovvero macchine per lo scambio dati (Machine to machine).

Tutto questo merita controllo e tutela del consumatore, coinvolto in ingiuste

incursioni.

Il cybercrime è il terzo dilemma del mondo dopo i disastri climatici e ambientali, un problema esistenziale in un mondo sempre più connesso in rete e schiavo del cellulare. Una nuova mentalità criminale sofisticata, che espone a pericoli inavvertitamente.

Sulla base di questo nella procura di Milano, per far fronte a questo nuovo crimine mondiale e moderno, ha chiesto istituzione di un quarto del dipartimento della magistratura inquirente milanese, affidando la tutela all’aggiunto Eugenio Fusco.

Adesso non si può negare la riflessione anche su quanto lo smart working può essere privo di sicurezza e salvaguardia, ormai in questa emergenza diventato il lavoro più diffuso e pretenzioso.

Bisogna assolutamente rendere sicuro il “consumatore ignaro” esposto a siti fasulli, che erogano di conseguenza servizi falsi, spillando soldi in maniera del tutto disonesta, quindi una realtà moderna che esige e deve assolutamente essere modificata.


Scritto da Valeria Venturi il 22 gennaio 2021



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